Zamarian Simone, Garrino Lorenza, Dimonte Valerio. Il tempo e la formazione interprofessionale: ostacoli e sfide nella progettazione formativa. Tutor 2018;18(3):154–155. Added by: Manuela Peluso (27/08/2023, 12:19)
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Abstract
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(Trascritto dall’articolo). La complessità che sta caratterizzando l’attuale spaccato sanitario sta determinando sempre di più la necessità di approcci formativi rispecchianti l’interattività professionale e la Formazione Interprofessionale (FIP), definita come “quando due o più professioni apprendono con, da e su ognuna di esse con l’obiettivo di migliorare la collaborazione e la qualità della cura” (CAIPE, 2002), si delinea come modello principale per favorire la collaborazione interprofessionale. I progettisti della formazione devono però soffermarsi su come la FIP debba essere organizzata e svolta sotto il punto di vista temporale, rispondendo ex-ante a quesiti quali: quando attuare la FIP? Per quanto tempo? In quale momento del percorso formativo dei discenti? È stata svolta una ricerca bibliografia atta a indagare i quesiti segnalati; sono state utilizzate le banche dati di MEDLINE e CINAHL. Dall’indagine svolta è emersa una poliedrica natura delle iniziative di FIP, il tempo ad essa correlato era un aspetto progettualmente variabile, identificato come un ostacolo o una sfida e che trova correlazione con la programmazione didattica, l’apertura verso la FIP, i soggetti implicati e i curricula (dati rispecchiati anche da una ricerca Torinese mirata a valutare l’applicabilità della FIP nello specifico contesto); la raccomandazione è quella di un’attuazione precoce della FIP settata su una programmazione longitudinale. La questione temporale nella FIP è però sottesa anche da aspetti quali: i risultati, che per essere ottenuti necessitano di un tempo e di una metodica formativa adatta e protratta; a dinamiche top-down le cui basi si posano su paradigmi spesso mono-professionali e su pregressi sociologici delle professioni della cura; a dinamiche bottom-up nelle quali i discenti sono portatori a loro volta di valori e preconcetti dati dalla socializzazione anticipata e sviluppano una propria identità in relazione all’esperienza e all’aggregazione d’appartenenza; il gruppo come spazio di processi interpresonali-intergruppo. Concludendo, il tempo e la FIP devono trovare una giusta proporzione, basandosi sulla considerazione di fattori ex e post – ante, partendo dai paradigmi di pensiero della formazione, passando dai partecipanti e dai facilitatori per arrivare ai risultati e alle modalità formative correlate. Una formazione condivisa e interprofessionale che lentamente tarda ad inserirsi nel percorso dei futuri professionisti può minare la futura efficacia collaborativa di questi; mai come oggi è necessario un approccio “slow” che considera il tempo non tanto come conseguenza delle decisioni formative, ma come filosofia per una formazione che tiene conto a tutto tondo dei soggetti-processi-risultati.
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